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SCONFITTA PER CUCCIA La rivolta dei banchieri milanesi manda all' aria il disegno di Cuccia
Repubblica — 05 giugno 1998 pagina 1 sezione: ECONOMIA
E' FALLITO molto più del matrimonio fra la Commerciale e la Banca di Roma. è sfumato nuovamente il progetto di Enrico Cuccia per sistemare - in una cassaforte protetta dalle scalate straniere - la sua Mediobanca e insieme la Galassia del Nord, in un reticolo di alleanze che avrebbe coinvolto le Generali. Mediobanca si era assicurata ampi consensi, coperture politiche e il benestare della Banca d' Italia. Ha sottovalutato la resistenza dei manager milanesi, i dubbi sulla qualità della sposa (rafforzati da un' inchiesta giudiziaria), l' ostilità dei potenti azionisti francese e tedesco. Ancora una volta il metodo Mediobanca - la ricerca di accordi di potere per blindare il capitalismo italiano - non regge alle nuove dimensioni dei mercati europei.LA FUMATA nera che ieri ha chiuso le trattative durante sette mesi fra Milano e Roma, è l' ultimo insuccesso dei tentativi fatti da Cuccia fin dal lontano 1986 per riunire le tre ex-banche dell' Iri: Comit, Credito Italiano e Banca di Roma, a loro volta principali azioniste di Mediobanca. Un progetto che sembrava ben avviato nel ' 94, quando Cuccia riuscì a beffare Romano Prodi. Il presidente del Consiglio, allora al vertice dell' Iri, aveva privatizzato la Comit convinto di farne una public company con azionariato diffuso; la ritrovò in mano a un nucleo duro orchestrato dalla banca d' affari di Via Filodrammatici. Mediobanca versione ' 98 è un pallido ricordo di quella di quattro anni fa. In mezzo ci sono state sconfitte clamorose come il progetto Supergemina o Marzotto- Gim, l' allontanamento di un pezzo dell' impero Agnelli (con l' operazione Ifil-Sanpaolo), la partenza di Cesare Romiti da Torino e la prossima fine del patto di sindacato Fiat dove Via Filodrammatici era l' ago della bilancia. E c' è stata l' uscita traumatica del giovane Gerardo Braggiotti, per anni il pupillo di Cuccia. è proprio al caso Braggiotti che bisogna risalire, per capire la forza della disperazione con cui Cuccia e il suo amministratore delegato Vincenzo Maranghi hanno inseguito la fusione Comit-Banca di Roma. La sera del venerdì 19 dicembre ' 97, quando Braggiotti stava per partire in vacanza nei Caraibi e fu licenziato in tronco da Maranghi, voci interessate misero in giro la seguente versione: il giovane manager di Mediobanca era stato scoperto a "tramare", d' intesa con suo padre (ex dirigente Comit) e con la Paribas, per organizzare una scalata alla Banca Commerciale. Vera o falsa, quella voce la diceva lunga sui timori profondi di Mediobanca. La banca d' affari che per quarant' anni aveva sorretto le dinastie oligarchiche della grande industria del Nord, si sentiva sempre meno centrale nei nuovi equilibri di potere; non solo, ma alla vigilia del nuovo grande mercato dell' euro, Mediobanca capiva di essere piccolissima, fragile, scalabile essa stessa insieme ai gioielli più preziosi della sua galassia. Vere o false le illazioni su Braggiotti, il suo passaggio il 30 gennaio scorso alla banca Lazard di Parigi - l' unico fedelissimo alleato straniero di Cuccia dal dopoguerra - non poteva che alimentare i timori più funesti sulla fine di un' epoca. Da quel momento è ricominciato il lavorio febbrile per unire Comit e Banca di Roma, l' unico modo per Cuccia e Maranghi di "comprare il futuro". Con il Credito Italiano sempre più autonomo e in un' orbita germanica, restavano solo quelle due ex-banche Iri a disposizione per bloccare il 16% di capitale della stessa Mediobanca e metterla al riparo. La logica economica dell' operazione è stata magnificata. A pochi mesi dallo shock competitivo dell' euro, tutto il sistema bancario italiano è in agitazione. Le nostre banche sono troppo piccole, inefficienti, oberate da troppo personale e costi altissimi, pronte a soccombere di fronte all' offensiva dei colossi stranieri. Il processo di concentrazione bancario ha la benedizione di Antonio Fazio e di Prodi. Dopo le alleanze tra Cariplo e Ambroveneto (inutilmente corteggiate dalla stessa Comit), dopo Imi-Sanpaolo e Credit-Unicredito, ecco che Comit e Banca di Roma avrebbero costituito un gruppo con 411mila miliardi di attivo e più di tremila sportelli. Una banca regionale ben insediata nel Centro-Sud, e una milanese che ha conservato dai suoi anni d' oro qualche residua proiezione internazionale (per la verità non tanto in Europa ma in Sudamerica). Fin dall' inizio di questa offensiva il management Comit cominciò a puntare i piedi. Tutta la storia della banca di Piazza della Scala sembrava ribellarsi. Veniva vissuta come una violenza l' unione di Milano con Roma, della cultura laico-azionista con quella cattolica, dei banchieri "tecnici" con i "politici". Facili stereotipi, ma contano anche quelli. Poi c' era la questione del potere: si capì che avrebbe comandato il tandem romano Geronzi-Brambilla. Né mancavano le obiezioni economiche. A cominciare da un paradosso: la Comit avrebbe potuto comprare a prezzi inferiori il controllo della Banca di Roma quando questa fu privatizzata, perché non averlo fatto allora e accettare oggi una fusione meno vantaggiosa, con la Fondazione Cassa di Roma come singolo maggiore azionista? C' era l' incognita delle sofferenze, i crediti di difficile recupero dell' istituto romano. I più lucidi in Piazza della Scala vedevano che il matrimonio poteva anche funzionare, ma a patto di una drastica riduzione di costi, tagliando senza pietà i doppioni nella rete estera, nella finanza, nelle direzioni generali. Tutte operazioni dolorose, che nessuna banca italiana ha ancora avuto il coraggio di fare. Infine la resistenza del management milanese trovava due alleati di peso: gli azionisti stranieri della Comit e cioè Paribas e Commerzbank. Due gruppi che non hanno soggezione di Mediobanca, perseguono strategie autonome, e le cui mosse andranno seguite con molta attenzione nelle prossime settimane. Non a caso i primi a reagire dopo il fallimento di ieri sono stati i tedeschi con un comunicato lapidario: "L' abbiamo sempre considerata una cosa improbabile". Tuttavia Mediobanca continuava a tessere instancabilmente la sua tela. Gli ultimi segnali sembravano a suo favore. I due incontri a Palazzo Chigi: Geronzi e Maranghi dal sottosegretario Micheli il 14 maggio, la storica colazione Cuccia-Prodi mercoledì scorso. Il nuovo incoraggiamento di Fazio alle concentrazioni bancarie sabato all' assemblea Bankitalia. Gli advisor stranieri Goldman Sachs e Merrill Lynch ormai al lavoro sui concambi azionari. La presidenza della Rcs a Romiti, uno storico alleato di Cuccia nel cuore di Milano. Eppure tutto è precipitato nella convulsa giornata di ieri. Con il presidente della Comit Fausti acclamato come un eroe dai suoi dirigenti in mattinata, dopo un discorso in difesa dell' autonomia. Con l' inchiesta giudiziaria sulla Banca di Roma. Con gli ulteriori segni di ostilità dei grossi azionisti stranieri. In poche ore il management milanese si è irrigidito. A Geronzi non è rimasto che prenderne atto per primo e troncare le lungaggini di una rottura di fidanzamento. La lezione per Mediobanca è durissima e forse fatale per il suo residuo prestigio in Italia. Nell' èra del mercato unico europeo le operazioni dove prevale una logica di potere e di arroccamento difensivo hanno vita breve. Il mondo della concorrenza aperta è troppo complesso per ingabbiarlo e governarlo secondo schemi antichi. Le grandi fusioni - lo insegna anche l' America - funzionano solo quando c' è un management forte che le guida verso progetti chiari. Naturalmente l' esito di ieri apre tanti problemi quanti ne chiude. La Banca di Roma è una grossa incognita che turba i sonni di Fazio. La Comit si crede salva ma non lo è: è piccola e sola, ha tentato altri matrimoni e si è sempre vista sbattere porte in faccia. Forse c' è da augurarsi - nell' interesse nazionale! - che un gruppo straniero se la compri e porti in casa nostra una ventata di modernità, un' iniezione di concorrenza vera. Perché una cosa è certa: fatto l' euro, si faranno anche le banche europee. Resta da vedere dove, e con quali perdenti. - di FEDERICO RAMPINI

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